Debutta a La Città del Teatro di Cascina, venerdì 31 gennaio alle ore 18.30, Insabbiati, di e con Valentina Bischi.
La storia narrata ci riporta alla Seconda Guerra Mondiale. Un giovane arriva a Roma per lavorare all’Istituto Luce con un sogno: far parte della nascente industria cinematografica. Ben presto all’uomo - Ricciotti Bischi, nonno dell’autrice di Insabbiati - e ad alcuni suoi colleghi, l’Istituto Luce propone di girare un documentario nell’Africa Orientale Italiana. Da questo momento, si avvia uno scambio epistolare - con lettere manoscritte autentiche, che vanno dal 12 aprile 1940 (data di partenza del piroscafo Leonardo Da Vinci) al 2 aprile 1941 (data di decesso di Bischi) - tra i due sposi (Ricciotti e Augusta), divisi dalla guerra.
Insabbiati racconta, prima, le esperienze di un cineoperatore e della sua troupe alle prese con i pionieristici mezzi della documentaristica degli anni 30/40 e, poi, di un soldato italiano prigioniero in Etiopia. Contemporaneamente, tratteggia la vita della giovane moglie rimasta a Roma e i fatti che seguono il decesso di Ricciotti (dall’attentato di Via Rasella ai bombardamenti sul quartiere di San Lorenzo fino all’arrivo degli Alleati nella capitale Sullo sfondo delle immagini originali dell’epoca (gentilmente recuperate dall’Istituto Luce), il connubio di racconto e musica dà vita a uno spettacolo multimediale e “itinerante”, in cui gli spettatori sono presi per mano e condotti attraverso viaggi, racconti, speranze, in una Storia passata che, in qualche modo, appartiene a tutti noi. In scena due performer, un’attrice e un musicista, le cui arti si intrecciano con quella cinematografica - così come si sono intrecciati i destini d’Italia e Africa, di un uomo e una donna.
Insabbiati è uno spettacolo site-specific, di genere narrativo che non si esaurisce in tale ambito, e che nasce per adattarsi a vari spazi - interni ed esterni - anche non propriamente teatrali, utilizzando vari linguaggi (dagli spezzoni d’epoca alla musica originale di Gianpietro Di Rito che s’ispira a melodie popolari etiopi) per ricreare atmosfere e sensazioni che possano coinvolgere il pubblico in un viaggio nello spazio e nel tempo. La prima parte - strutturata come uno stationendrama - permette agli spettatori di calarsi psicologicamente in una vicenda che, dagli anni 30, si srotola fino al 4 giugno 1944, con l’entrata degli Alleati a Roma.
Lo spettacolo, pur basandosi su lettere manoscritte, non si limita al reading, diventando performance a tutto tondo che utilizza tutti i mezzi teatrali e che vuole, in futuro, arricchirsi di ulteriori testimonianze, grazie a una serie di laboratori creativi con persone che abbiano vissuto - tra il ‘40 e il ‘44 - in Etiopia o in Italia, per intessere continuamente il filo della memoria e rendere protagonisti, con le loro storie, gli stessi spettatori.